“Si può fare?”, non è più una domanda intelligente

Dec 04, 2019

“Posso usare Kickstarter per finanziare il mio prossimo libro?”

È questa la domanda che un tizio ha fatto qualche tempo fa a Seth Godin.

Risposta: sì, si può fare.
Ma le possibilità sono raramente garanzia di successo.

Su Kickstarter 7.000.000 di utenti hanno, in totale, finanziato 173.000 progetti, questo è solo circa un terzo del totale. 290.000 progetti non sono riusciti affatto ad essere finanziati. E solo 400 progetti hanno raccolto oltre un milione di dollari ciascuno. Ciò significa che le possibilità di un successo virale sono circa uno su mille.

L’ego è il nemico, i media complici colpevoli, la pubblicità un’arma inefficace.

Questa storia va ben oltre Kickstarter e il crowdfunding. È la storia dei nostri tempi. In un mondo in cui “le possibilità” contano poco ma tutti si ostinano a fare ciò che “è possibile”, sono diversi gli ingredienti e i protagonisti del fallimento.

L’ego

Siamo tutti affetti dalla voglia di dimostrare quanto siamo speciali e questo spesso pensiamo debba passare dal rivoluzionare lo status quo.
Vogliamo essere i nuovi Jobs, i nuovi Zuckerberg, i nuovi Musk, quelli che insomma plasmano la società introducendo cose nuove e nuovi bisogni.
La maggior parte delle volte però la nostra esistenza, almeno in termini professionali, è più simile a quella di missionari che tentano di evangelizzare coloro che hanno già fedi forti e radicate – non a caso, il termine “evangelist” è oggi così ricorrente nell’ambiente business.

I media

Non è una novità che i media amino il sensazionale. Per questo motivo i giornali e i siti web raccontano continuamente un mondo in preda a pericoli e violenza, mentre i dati dicono il contrario. E per lo stesso motivo, stavolta con un eccesso di ottimismo, da anni esaltano ogni iniziativa “stramba”, inaspettata e che solitamente ha a che fare con startup, finanziamenti, exit milionarie, senza che ciò presupponga però un finale concreto: un impatto.
Credendo a narrazioni di questo tipo, il rischio è quello di inseguire sempre la prossima grande idea, pensare a un mondo che deve ancora venire e perdere contatto con la realtà.

Appello ai media: raccontate di eroi veri. Nella pizzeria che riesce a stare sul mercato, deliziando i suoi clienti e senza svendersi con promozioni e party, c’è spesso più innovazione che in tanti progetti lanciati sul mercato in pompa magna.

La pubblicità

Molto del marketing del quale si parla, che si vende e che si acquista, non è altro che pubblicità. Vecchia e inefficace.
Quando un prodotto o un servizio viene lanciato sul mercato, partendo da se stessi (ego), e di conseguenza non funziona, la soluzione sembra essere sempre la pubblicità.
Serve che sappiano. Serve comunicarlo. Serve persuadere e convincere.
In realtà servirebbe altro. Serviva altro.

Se un prodotto o servizio è progettato male, pensare di utilizzare “il marketing” per riuscire a vendere è solo il modo più veloce per buttare soldi. O quello più meschino per fregare la gente.

Abilitatori, massimizzatori, scorciatoie

La storia di Kickstarter è la storia di come si muove il mercato. E del costo di confondere il fine con la partenza, canali con strategie.
Un canale, seppur potente, è un abilitatore, un massimizzatore e non una scorciatoia tantomeno un punto di partenza.

Un canale indica che vi è una “possibilità”, ma “si può fare” non è più sufficiente.

Le domande intelligenti sono:

• Ha senso?
• C’è qualcuno che lo vuole davvero?
• C’è qualcuno che ne ha bisogno?
• Sa di avere quel bisogno?
• Quel qualcuno che ha bisogno, e sa di averne bisogno, ha i soldi per comprare ciò di cui ha bisogno?

E solo dopo chiedersi:

  • Ho un canale per raggiungere queste persone?
  • Si può fare?

Pronti per innovare?

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