Babbo Natale, modelli di business e small data
Dec 20, 2019Ci siamo. Siamo entrati ufficialmente nel periodo più felice dell’anno: quello in cui si cerca di ricompensare chi si ama con un pensierino, quello in cui si spendono più soldi e quello, tra i periodi teoricamente festivi, in cui paradossalmente si corre di più.
Siamo entrati anche nel momento in cui, come da tradizione, chi ha bambini dai cinque agli otto anni in casa si trova a dover rispondere alla fatidica domanda: Babbo Natale esiste?
Io alla mia Camilla, anni cinque e mezzo, continuo a rispondere di sì con grande entusiasmo, e, fosse per me, vorrei che continuasse a crederci per tantissimo tempo. C’è bisogno di speranza, fiducia e di buoni esempi oggi più che mai.
Ah, per la cronaca e la curiosità: anche un noto ateo come Richard Dawkins, biologo dell’evoluzione e famoso per il suo libro The Selfish Gene, è convinto che ci sia del valore nel fare vivere il mito di Santa Claus nei più piccoli.
Questa premessa per dire che noi in Babbo Natale ci crediamo. E ci crede anche Beople, che vede nell’uomo più gentile e simpatico del mondo anche un ottimo esempio per chiunque abbia a che fare con il mondo del business.
Bezos ha copiato Santa Claus?
In “La vita e le avventure di Babbo Natale”, film degli anni ’80 ispirato all’omonimo libro (titolo originale: The Life & Adventures of Santa Claus), si racconta la storia di come un umile bambino abbandonato sia diventato così amato e famoso. Ebbene, la sua avventura iniziò con una replica, intagliata in legno, del suo gatto domestico. Quando si accorse che i bambini apprezzavano ricevere un giocattolo, iniziò a ingrandire, trovare aiutanti e lanciare una “linea personalizzata” di giochi e balocchi.
Per chi non lo sapesse, è più o meno la storia di Jeff Bezos.
Quando Bezos lasciò il lavoro per avviare Amazon, non sapeva ancora come sarebbe stata la sua impresa. Sapeva solo che si sarebbe trattato di internet e di vendite. Fece dunque una cernita dei 20 migliori" prodotti che si potevano vendere su Internet, e decise di puntare sui libri per via del basso costo e di una domanda costante e universale.
Un solo prodotto, come Babbo Natale!
A quei tempi molti rimproveravano Bezos di non saper nulla di libri. Le vendite però non sempre hanno (solo) a che fare con il prodotto. Grazie a un enorme spazio di stoccaggio e una logistica pianificata, Amazon divenne però presto leader di mercato.
Allo stesso modo Babbo Natale ha compreso, prima e più di tanti imprenditori che:
· testare è fondamentale
· non bisogna innamorarsi del proprio prodotto
· sono i clienti che ti aiuteranno a creare e modellare il tuo business.
Il modello di Business di Babbo Natale
Un modello di business "descrive la logica con la quale un’organizzazione crea, distribuisce e cattura valore.”
Anche se pochi potranno replicare il modello di Business di Babbo Natale, ragionarci, anche con un pizzico di ironia e fantasia, può essere utile.
Nota: Di seguito un approfondimento dei vari blocchi. In Beople consigliamo sempre di partire dal segmento di clientela. Questo, porta due grandi vantaggi: facilità nella mappatura; “forza” una progettazione realmente market driven (definendo il valore non per ciò che si ha o si immagina di avere ma dal punto di vista del cliente).
Segmenti di clientela
Babbo Natale raggiunge un mercato di massa ma con una prima grande segmentazione: chi si comporta bene, chi male.
Ciò che è importante sottolineare è però come si guardi bene dal generalizzare o affidarsi a dati demografici (maschio/femmina, tot anni) e parta da ogni cliente ascoltando il suo vero desiderio - i tecnici direbbero: job-to-be-done.
Proposta di valore
La proposta di valore di Babbo Natale non è regalare giocattoli; per quello c’è anche la Befana e il coniglio pasquale, che per inciso non se la passano tanto bene. La proposta di valore è realizzare i sogni di ogni bambino. Essere di ispirazione (sii buono e generoso), donare speranza. Lo fa ATTRAVERSO ricompense in giochi, giocattoli e l’esaudire sogni.
C’è però una differenza sostanziale in questo e, purtroppo, non sempre le imprese lo hanno così chiaro.
Quando oltre dieci anni fa, con Beople, iniziammo a parlare di modelli di business e aiutare piccolissime imprese, ricordo ancora di una giovane ragazza con un grande sogno: “aprire un punto vendita per la pizza alla pala”.
Spesi penso cinque ore a spiegarle che quello andava benissimo ma serviva valore. Non ci riuscii.
Dieci anni, e moltissime PMI e grandi aziende supportate dopo, continuo a incontrare, incredula, situazioni di questo tipo: confondere le attività chiave o i servizi principali come offerta di valore.
Per cui, anche nello spirito natalizio, ripetiamo insieme: “la pizza alla pala è buona ma non è una proposta di valore.”
Sono sicura che anche Babbo Natale ne sarebbe contento.
Canali
I canali di babbo sono: la sua casa, i villaggi sparsi per il mondo, le buche delle lettere (anche se non sono le sue, ma ormai sono usate solo per quello quindi con una forzatura si potrebbe affermarlo), i camini, le renne, gli elfi, ecc.
i canali sono i luoghi fisici o virtuali grazie ai quali puoi, rispetto alla proposta di valore:creare consapevolezza; far valutare la proposta; farla acquistare; farla consumare; gestire il post vendita o fare assistenza.
Relazione con i clienti
Senza dubbio co-creativa, sono i bambini aiutati dai loro genitori che esprimono i loro desideri, da lì parte il processo di creazione del valore che culmina con la consegna del regalo.
Flussi di ricavi
A parte qualche ricavo da royalties per qualche comparsata in Film di successo e pubblicità di note marche di bibite (che rendono sostenibile il modello), i veri ricavi di Babbo non sono monetari: bambini più felici e il rinnovarsi della fiducia nella magia del Natale, accompagnati da una bella tazza di latte e biscotti lasciata per il pit-stop al termine della consegna sono i criteri che misurano il successo del suo operato.
Risorse chiave
Senza il suo team sarebbe dura arrivare in ogni luogo: elfi e renne sono fondamentali. Gioca il ruolo chiave anche il suo personal brand altrimenti troverebbe caminetti chiusi e genitori diffidenti nel farlo entrare. Non dimentichiamoci il magazzino!
Attività chiave
Sicuramente l’ascolto dei clienti è fondamentale, lo è altrettanto lo scouting dei fornitori, la pianificazione logistica e la consegna dei regali.
Partner chiave
Come ogni impresa non fa tutto al proprio interno e si appoggia a una rete fidata di store per il prelievo dei regali e ovviamente ai genitori che supportano la buona riuscita di tutto il processo
Struttura dei costi
Luci e decorazioni, cibo per le renne, biscotti per gli elfi sono le principali fonti di costo. Da qualche anno ci risulta che abbia anche uno smartphone e utilizzi alcune app per geolocalizzare le varie case ma non sappiamo a chi paghi la bolletta :)
Altri grandi consigli e intuizioni
Babbo Natale si fa aiutare e sa cosa significa ATTIVAZIONE
Babbo Natale non fa tutto da solo. Deve molto alle sue renne ma anche e soprattutto ai suoi infaticabili elfi. Senza di loro, il Natale non sarebbe Natale e probabilmente avrebbe già iniziato a soffrire la concorrenza e maledire anche lui “la crisi”.
Sa soprattutto cosa significa attivazione. Non sono mai stata al Polo Nord ma da come le consegne viaggiano spedite, giurerei che abbia progettato un programma di pianificazione e attivazione ben dettagliato.
Azzardo? Avrà anche un sistema basato sugli OKR.
Nota: OKR è l’abbreviazione di obiettivi e risultati chiave. Gli obiettivi sono descrizioni chiare di ciò che si intende raggiungere. I risultati chiave sono un insieme di metriche che misurano i progressi verso l’obiettivo definito. Ne abbiamo parlato qui.
Babbo Natale non aggiunge “cose” per fare pensare che sia un regalo più bello
Babbo Natale non fa regali, fa I REGALI.
Nei pacchi e pacchetti da lui consegnati si trova, tranne qualche errore logistico, esattamente ciò che i bambini hanno desiderato.
E qui può esserci un consiglio anche per chi in questi giorni sta aiutando Babbo Natale ed è insomma impegnato a fare pensieri e pensierini: aggiungere cose non aumenta il valore.
Su questo c’è una ricerca interessante: gli studiosi hanno scoperto che quando si fanno regali, raggruppare un costoso grande regalo insieme a uno o più piccoli in aggiunta, riduce il valore percepito da parte del destinatario.
Immaginiamo ad esempio di aver appena acquistato un maglione di Cashmere per una cifra diciamo pari a una cinquantina di euro. Quando stiamo per consegnarlo, pensiamo bene di aggiungere qualcosina e, visto che costa appena cinque euro, aggiungervi anche un braccialetto.
Per quanto il nostro obiettivo fosse quello di aumentare “il valore” del regalo, il destinatario invece tenderà a sminuire il maglione, attribuendone un valore inferiore.
Nel business questo succede continuamente.
Tantissime PMI, anziché lavorare sulla propria differenziazione e cercare di conoscere e comprendere i propri clienti, tendono ad aggiungere a prodotti e servizi una marea di accessori e prodotti inferiori.
“Compri il materasso e ricevi anche un set di pentole”… è il primo esempio che mi viene in mente e potrebbe essere quello giusto.
Ama i Data, ma fa fortuna con gli Small Data
All’inizio degli anni 2000 Lego, storica azienda produttrice di giocattoli, famosa per i mattoncini tipici delle sue costruzioni, era in crisi e, a sentire gli esperti, senza alcun futuro. Ogni studio commissionato sui big data giungeva alle medesime conclusioni: le vecchie generazioni avevano perso interesse, le nuove non avevano né il tempo né la pazienza necessari.
Tutto cambiò quando, nel 2004, Lego incontrò uno dei suoi clienti: un ragazzino tedesco di undici anni. Lì scoprirono qualcosa che avrebbe rivoluzionato tutto.
Ciò che amava quel ragazzino era il fatto che per costruire un oggetto Lego servisse non solo pazienza ma anche tenacia e grande abilità e che ogni creatura avesse una valenza sociale: qualcosa di cui andare orgogliosi.
Il ragazzino infatti conservava nella sua cameretta i Lego proprio accanto a un vecchio paia di adidas tutte graffiate, chiaro segno della sua passione per lo skateboard.
Da quel momento Lego trovò il suo elemento differenziante: “non solo ha riportato i mattoncini alle dimensioni precedenti, ma ha iniziato a inserire nelle scatole un numero maggiore di mattoncini e a produrre mattoncini più piccoli. Il livello di dettaglio è aumentato, i manuali di istruzioni sono diventati più difficili, il processo di costruzione è diventato più faticoso. L’azienda ha capito che, per i consumatori, il LEGO era sinonimo di una sfida da affrontare, un enigma da risolvere, una maestria da acquisire, un’abilità manuale di cui dar prova e, non da ultimo, una competenza conquistata a caro prezzo: una conclusione a cui non li avevano condotti le complesse analisi predittive e i poderosi modelli statistici.” Martin Lindstrom in Small Data
Il segreto che diede nuovo slancio a Lego è conosciuto a tutti i business designer e sicuramente anche a Babbo Natale: parla con i tuoi clienti. Con quelli veri.
Anche con tutta la mole di dati a disposizione, Babbo Natale va in giro e parla costantemente ai suoi clienti per chiedere loro direttamente quello che vogliono; riceve persino "liste dei desideri".
Sa bene che Carlo, settenne della Basilicata ha desideri diversi dal pari età Claudio della provincia di Cuneo. E sa bene che a distinguerli non è né l’età né la provenienza geografica, lo sono le emozioni, le aspirazioni.
Nel business design diciamo: i motivi di acquisto, i job to be done.
Sa che i suoi clienti non sono i suoi clienti
Volendo rompere per un attimo l’atmosfera magica, i clienti di Babbo Natale sono mamme e papà, nonne e nonni, zie e cugini, anche coloro che non credono in lui. Diciamo clienti se ci riferiamo alla definizione di soggetti paganti.
Per chiarire: I clienti sono quelli che pagano, i beneficiari sono quelli, come i bambini, che ricevono il beneficio finale.
Quando però prepara i regali o porta avanti la campagna della speranza e della fiducia si rivolge ai bambini e ha in testa i bambini – quelli che dal suo punto di vista sono i suoi veri clienti.
Poco chiaro? Facciamo un esempio reale. Un’esperienza avuta di recente con un’azienda che abbiamo seguito personalmente.
L’azienda in questione si occupa di forniture e allestimenti per bus e treni passeggeri. Chi paga sono dunque compagnie private internazionali costruttori di mezzi di trasporto.
I clienti per i quali progettare sono però persone in carne ed ossa. Con sogni e bisogni specifici.
La prima volta che iniziammo a lavorare con l’azienda e il management, ci rendemmo conto che conoscevano alla perfezione i propri clienti (manager delle compagnie) ma ignoravano completamente usi, abitudini, problemi dei CLIENTI, coloro che prendevano treni e bus a lunga percorrenza.
La prima cosa che chiedemmo fu: “ma da quanto non viaggiate in bus?”
Da lì in avanti fu un successo e l’azienda, un po’ come Lego, riprese slancio e iniziò a mettere in pista innovazione reali e funzionali. Di impatto.
Sa che non tutti i lavori sono per lui.
C’è una scena bellissima che dovrebbe essere fatta vedere in ogni scuola, in ogni casa e in ogni azienda. In “Miracolo sulla trentaquattresima strada”, una signora si avvicina a lui chiedendo di un determinato giocattolo. Visto il prezzo esorbitante dice: “vada in quell’altro negozio, lo trova a un costo minore”.
Nel film, Babbo Natale è un dipendente di un grande magazzino, cosa che chiaramente rende il suo gesto una clamorosa violazione di ogni regola aziendale. Eppure, l’indomani, diffusasi la vicenda, ancora più clienti accorsero premiandone l’onestà.
Penso sia un meraviglioso spot per la gentilezza e l’onestà intellettuale, e anche per la tanto declamata CSR.
Calata nel mondo del business e di chi scrive – formazione e innovazione – penso però possa essere un richiamo anche ad imparare a dire di no quando è chiaro che qualcun altro lo possa fare meglio o che non apporteremo un reale valore.
All’inizio costa: una fattura in meno. Alla lunga però sono sicura verremo premiati.
Babbo Natale ha un personal branding da paura ma…
Scordiamoci che dietro tutto questo ci sia Coca Cola. Per un momento. Chi può vantare un personal branding pari a quello di Babbo Natale?
Risposta: pochi. Forse nessuno. Forse solo alcuni per i quali si rischia di diventare sacrileghi.
Ma la cosa più interessante è che il suo personal branding si basa davvero “su ciò che le altre persone dicono di lui”. Non è continuamente su Facebook, non su LinkedIn – per quanto sia un grande professionista. E non ci bombarda da Instagram con i suoi selfie con la super casa al polo e le renne smorfiose.
Al di là dell’ironia, ciò che voglio dire è che si tratta di un personal branding costruito sulle competenze. Sa viaggiare su una slitta trainata da renne, sa entrare nelle case dai camini, e anche senza camini. Porta regali e mantiene promesse. Questo basta.
Penso basti anche in una società così complessa e digitale quale la nostra. Accrescere le proprie competenze, investire sulla crescita personale e professionale, divenire più bravi e fare un ottimo lavoro, possono ancora rappresentare un boost per la propria carriera.
Per cui, ancora nello spirito natalizio, due cose: la prima è che non so perché mai abbia detto boost, la seconda è di puntare più su diventare professionisti migliori anziché imparare come apparire migliori.
Non solo business ma anche impatto
Per concludere mi sembra giusto parlare di Impatto, quello vero. Cercare di rendere migliore il mondo. Anche con il nostro business.
Babbo Natale è un esempio ed un eroe perché ci riesce da centinaia di anni.
Sa bene che non sempre i bambini vorrebbero giocattoli e che, molte volte, vorrebbero indietro un parente caro o un po’ più di serenità.
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